Avete mai sentito parlare di Psicologia Positiva? Che tipo di pensieri ci capita di fare durante la giornata? Come viviamo i nostri errori e le situazioni negative che ci accadono?
La ginnastica della nostra mente è fatta dai pensieri con cui la alimentiamo.
Basterebbe già questo per farci comprendere quanto sia importante che la nostra mente si costantemente nutrita con pensieri positivi.
Di fatto esiste un fenomeno che si chiama plasticità sinaptica. La plasticità sinaptica è la capacità del nostro sistema nervoso di modificare l’intensità delle relazioni interneuronali (sinapsi), di instaurarne di nuove e di eliminarne alcune.
Questa proprietà permette al sistema nervoso di modificare la sua struttura e la sua funzionalità in modo più o meno duraturo ed è dipendente dagli eventi che ci influenzano come ad esempio l’esperienza.
In altre parole stiamo dicendo che il nostro cervello modifica continuamente la sua struttura in base a ciò che noi viviamo. E quindi, molto semplicemente
Fin da piccoli siamo influenzati a percepire la realtà in un certo modo. I nostri genitori, la scuola, i nostri amici e i mezzi di comunicazione ci condizionano con il loro modo di vedere la vita, nel bene o nel male. Per certi aspetti, assomigliamo un po’ a dei software che vengono installati nell’hard disk e si avviano automaticamente… a meno di non riprogrammarli…
E come possiamo riprogrammare i nostri…software? Con la Psicologia Positiva!
Sapevate che innumerevoli ricerche hanno provato che le persone che provano emozioni positive vivono più a lungo e in migliori condizioni di salute, e hanno relazioni interpersonali e risultati professionali migliori della media?
Ma come si fa a provare emozioni positive? Si può imparare? Certo che sì!
Vediamo quali sono le basi del Pensiero Positivo
Ma oltre a questi aspetti, cosa ci vuole per vivere uno stato permanente di orientamento positivo?
Del primo punto, in questa sede, credo ci sia poco da dire:
siamo ciò che hanno fatto di noi (ma possiamo cambiare)
Per quanto riguarda il secondo punto, il 10% credo sia una percentuale trascurabile, quindi la lascerei da parte.
Molto più interessante invece, è la parte che riguarda i fattori sotto il nostro controllo.
Anche qui abbiamo tre aspetti fondamentali:
A proposito della valutazione del nostro passato, portarsi dentro tristezze, rancori, grandi punti interrogativi ed emozioni inespresse, non fa che alimentare i pensieri negativi. Diventa dunque fondamentale imparare a leggere e vivere il nostro passato in modo proattivo e positivo, imparando a coltivare il perdono e la leggerezza.
Parlando invece di ottimismo riguardo al futuro, è importante parlare di stile di attribuzione.
Lo stile di attribuzione può essere definito come il modo in cui abitualmente spieghi a te stesso perché accadono gli eventi che ti riguardano
Come valutiamo quando ci accade qualcosa? Che tipo di pensieri sviluppiamo. Immaginiamo che una situazione lavorativa – un obiettivo, un contratto, una relazione importante – non vada come dovrebbe andare.
In questo caso ci sono tre ambiti di indagine. Possiamo infatti pensare:
Questi tre esempi di frasi, fanno riferimento ai tre tipici aspetti legati allo stile di attribuzione che ognuno di noi ha. Infatti parametri per definire lo stile di attribuzione sono tre:
Avere una costanza di pensieri con elevata personalizzazione, permanenza e pervasività, identifica in modo preciso la persona pessimista e negativa.
Centinaia di ricerche dimostrano che i pessimisti si arrendono più facilmente e cadono più spesso in depressione.
Evidenziano inoltre che gli ottimisti rendono meglio nello studio, nel lavoro e nello sport. Quando concorrono per una carica, tendono ad essere scelti più spesso dei pessimisti.
Il loro stato di salute è normalmente buono. Invecchiano bene e risentono molto meno dei consueti malanni fisici della mezza età. Prove empiriche suggeriscono che possono vivere più a lungo.Il terzo aspetto che dobbiamo considerare, a proposito dei fattori sotto il nostro controllo, di cui stiamo parlando, è la felicità nel presente.
Da cosa dipende la nostra felicità? Soldi? Benessere? Lavoro? No, niente di tutto questo, o almeno nulla di così specifico.
La nostra felicità dipende dai piaceri e dalle gratificazioni.
Ma cosa sono i piaceri? Ci avete mai pensato? Come li definireste?
Piaceri, sono sensazioni gradevoli che hanno chiare componenti sensoriali e forte componente emotiva.
Esempi sono mangiare una cosa che ci piace o comprare qualcosa che desideriamo.
I piaceri sono fugaci, effimeri – perché il nostro organismo tende ad assuefarsi ad essi – e richiedono un’attività di pensiero minima o nulla.
Per loro natura, dunque, soddisfare i piaceri – che è comunque importantissimo soddisfare per concedersi momenti di benessere antistress – conduce alla necessità di…soddisfare altri piaceri. In pratica non basta mai! Soddisfatto un piacere, esso tenderà molto velocemente ad essere sostituito da un altra ricerca, e così via.
Discorso completamente diverso per le gratificazioni.
Gratificazioni, sono attività che ci fanno stare bene, che ci impegnano a fondo, che ci prendono totalmente, facendoci perdere la consapevolezza di noi stessi.
Conversare con qualcuno con cui ci sentiamo davvero in sintonia, fare un’escursione in montagna, al mare, leggere un buon libro, ballare, praticare il nostro sport preferito, sono tutti esempi di attività in cui per noi il tempo si ferma, le nostre capacità sono all’altezza della situazione e noi entriamo in contatto con le nostre potenzialità.
Le gratificazioni durano più a lungo dei piaceri, richiedono un’attività di pensiero e interpretazione non indifferente, non procurano facilmente assuefazione
In definitiva, va da sé che ricercare e coltivare gratificazioni rappresenta un aspetto essenziale per imparare a vivere la felicità nel presente.
Provando dunque, a semplificare, potremmo dire che per aumentare stabilmente il nostro livello di pensiero positivo (in quel 40% su cui possiamo influire) dobbiamo:
• fare la pace col nostro passato, se ci provoca ancora dolore o insoddisfazione
• diventare più ottimisti modificando il nostro stile di attribuzione
• godere dei piaceri della vita evitando l’assuefazione
• svolgere attività e inserirci in relazioni e contesti per noi gratificanti, tipo il lavoro, i rapporti affettivi con gli amici, la famiglia
• utilizzare le nostre potenzialità al servizio di qualcosa che crediamo essere più grande di noi quali ad esempio una religione, un partito politico, la famiglia, i boyscout, etc.
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