L’interazione genitori – figli, nei primi 7 anni di vita, condiziona in modo totale lo sviluppo della personalità del figlio.
Attraverso comportamenti, frasi, comunicazioni verbali e non verbali, i genitori inviano ai figli una serie importantissima di messaggi, che lentamente forgiano l’adulto che verrà.
Il bambino, infatti, in quella fascia d’età, si nutre, in modo inconscio, di tutto ciò che viene dai genitori, e per una strategia, sempre inconscia, di sopravvivenza, considera tutto assolutamente vero e non discutibile.
Dal canto suo il genitore, se preso da infelicità, frustrazioni, desideri segreti non soddisfatti, angosce, delusioni, trasferirà un tipo di messaggi che, secondo l’approccio dell’Analisi Transazionale, vengono definiti ingiunzioni.
Sostanzialmente questi messaggio contengono comandi, critiche divieti e NON di vari tipi e sono rivolti ai bisogni, alle emozioni, ai comportamenti del bambino, e sono trasmessi dal genitore in modo inconscio.
Vediamo insieme quali sono e cosa creano.
N.B. per comodità di scrittura useremo sempre il maschile, ma tutte le ingiunzioni si riferiscono sia ai maschi che alle femmine.
I vostri figli sono come spugne: assorbono ciò che dite e “come” lo dite – Martin Seligman
Questa è la tipica ingiunzione dei genitori iperprotettivi. Il bambino è inseguito dai non, impedendogli anche di fare cose normali: non ti avvicinare alla sedia, non ti affacciare alla finestra, non correre, non saltare, non fare le capriole, non prendere freddo, etc.
Il messaggio che ne ricava il bambino – che vede altri fare facilmente le cose che lui non piò fare – è che niente di ciò che fa sia giusto, sicuro, fattibile. Lui riceve il messaggio, forte, di non fare, di non tentare, di non provare, perché è meglio.
Da adulto avrà sicuramente difficoltà a prendere decisioni, vivrà un eterna battaglia tra il fare e il non-fare. Cercherà sempre l’aiuto degli altri per decidere e, quando deciderà su qualcosa, continuerà a tormentarsi e a pensare che la scelta fatta non sia quella giusta…
Questo è il messaggio più deleterio che un bambino possa ricevere. Il genitore evidenzia, con frasi e comportamenti, il fatto che la nascita del bambino sia stato un evento non voluto, casuale, non desiderato. Capita di sentire un genitore che dica al figlio “tu non dovevi nascere”, “sei arrivato per sbaglio”, “aveva deciso di non avere più figli, e poi sei arrivato tu”. O ancora, la mamma che affermi “volevo abortire, ma non ci sono riuscita“, “alla tua nascita ho sofferto in modo esagerato”, “il parto mi ha provocato delle lacerazioni tremende” e frasi di questi tipo.
E’ importante notare che tali affermazioni possono essere anche rivolte in modo indiretto, cioè parlando con qualcun altro, in presenza del bambino che, pur sembrando distratto, percepisce tutto.
In aggiunta, ci sono una serie di comportamenti non verbali che possono evidenziare il non esistere: i genitori – o uno dei genitori – che non prende volentieri in braccio il bambino, o mostra evidente e continuo fastidio, che si lamenta durante il momento della pappa – momento invece fondamentale per il bambino, per strutturare un sano rapporto con il cibo – o del bagnetto, o del sonno – altro momento cruciale nella vita del bambino.
Il messaggio che riceve il bambino è veramente devastante: io non devo esistere, sono nulla, sono un peso. E da grande questi suoi pensieri si evidenzieranno in un comportamento fortemente insicuro, di scarsa presenza nelle situazioni, di poca cura del sé, di poca considerazione per propri desideri. Questo adulto si sentirà sempre fuori posto, sempre inadeguato e alla disperata ricerca di approvazione da chiunque.
Questa ingiunzione si trasferisce soprattutto con comunicazioni non verbali attraverso le quali il genitore evita di entrare in intimità con il figlio. E’ il caso in cui un genitore allontana o evita che il bambino si avvicini a lui, struttura un rapporto basato sulla mancanza di contatto fisico e la mancanza di carezze positive.
Se un genitore scoraggia il bambino dall’avvicinarsi il bambino interpreterà ciò come un messaggio con cui gli si dice che non deve entrare in intimità, con nessuno. Da adulto avrà dunque grande difficoltà a vivere l’intimità con chiunque – amici, partner, suoi figli – e manterrà sempre una distanza che non farà altro che complicare i suoi rapporti e confermargli che l’intimità non serve. Avrà difficoltà si a vivere intimità relazionale, che intimità fisica.
Inoltre, se il bambino perde un genitore a cui si sentiva vicino, per morte o per divorzio, può darsi da solo questa ingiunzione, dicendosi cose come: “Che scopo c’è ad entrare in intimità, tanto poi muoiono” e decidere di non entrare mai più in intimità con nessuno.
I vostri figli non sono i vostri figli. Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé. Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro, e benché stiano con voi non vi appartengono – Kahlil Gibran
Questo tipo di ingiunzione si trasferisce quando al bambino viene continuamente fatto notare che lui non può parlare perché piccolo, che il suo parere non conta, che i suoi desideri sono, sempre, secondari, che il suo pensiero è sempre inutile, che il suo punto di vista non interessa.
Il messaggio che il bambino ne ricaverà sarà non sono importante e, da adulto, strutturerà questo messaggio come modalità relazionale, ponendosi sempre dopo gli altri, badando non far valere mai il suo punto di vista, facendo attenzione a non dare mai fastidio, quasi ad essere trasparente.
E’ questo il messaggio trasferito da quei genitori che considerano i bambini “ometti” o “donnine” sin dalla prima infanzia: cominciano a considerare i bambini adulti prima del tempo, richiedendogli troppo presto compiti che non sono i loro, scoraggiando il pianto – manifestazione naturale per un bambino, come respirare – considerandolo “da neonato!”.
Spesso questa è la sorte che tocca al primo di molti figli che ben presto diventa “responsabile” per tutti, o al più grande di un gruppo di fratelli con genitori assenti o latitanti – o con uno dei genitori mancante. Succede che il grande si faccia carico di responsabilità che non gli appartengono. In sostanza, gli viene sottratta un parte importante d’infanzia.
In questo modo, il bambino introietta il messaggio per cui non deve essere bambino. E qual è la peculiarità di un bambino? Divertirsi e giocare. Così questo “ometto” – o questa “donnina” – da grande avrà grande difficoltà a giocare, a relazionarsi scherzando, a prendere le cose dal lato meno serio. Anzi, risulterà sempre troppo serio, attento al dovere, alle responsabilità, incapace di lasciarsi andare. Persona dunque affidabilissima, ma terribilmente noiosa, che vivrà questo carico in modo difficile e pesante.
Questa ingiunzione è l’opposto della precedente. E’ spesso definita data dalla mamma al suo ultimo figlio e trasferisce il messaggio “non abbandonarmi”. Questo comportamento viene ripetuto nel tempo attraverso cure e attenzioni eccessive che trattengono il bambino in un bozzolo e gli impediscono di affrontare quelle tappe necessarie all’allontanamento dalle figure genitoriali.
Anche un padre può strutturare questo tipo di ingiunzione , nei confronti di un figlia femmina, soprattutto in età pre-puberale o in piena pubertà, quando egli comincia a sentire stimoli sessuali e se ne spaventa. E’ in questa fase che il padre proibisce alla ragazza di truccarsi, di mettersi vestiti che egli ritiene poco adatti alla sua età, di uscire con i ragazzi. Potrebbe anche succedere che un padre interrompa i contatti fisici non appena la figlia diventi troppo matura.
Da tutti questi messaggi, il bambino fa suo il concetto che non deve crescere se vuole conservare l’amore dei genitori e da adulto struttura un comportamento dipendente, magari tarda ad andare via di casa, rimane mammone – o la femminuccia non riesce a trovare l’uomo adatto, perché troppo legata alla figura paterna – non ricerca una nomale indipendenza.
Attraverso questa ingiunzione, il genitore trasferisce al bambino un messaggio di tipo “non vincere o non mi piacerai più”, che si molto rapidamente si trasforma in “non avere successo”. E’ il messaggio trasmesso da quei genitori che temono che il successo dei figli possa oscurarli, oppure che provano gelosia dei risultati ottenuti dal proprio figlio.
Aldilà della possibilità razionale di essere orgoglioso del figlio, inconsciamente questo genitore può patire il fatto che suo figlio abbia possibilità che lui stesso non ha avuto, oppure che il figlio dimostri di essere migliore di lui.
Anche un comportamento particolarmente svalutante, con messaggi tipo “non sei capace a far nulla”, “sei un pasticcione, imbrananto, buono a nulla”, “sai solo far disastri”, etc. giungeranno al bambino come messaggi che in realtà evidenziano la sua incapacità a fare qualcosa, a riuscire, ad avere successo.
E cosa potrà introiettare da adulto un bambino con questa ingiunzione? Un messaggio molto semplice: non posso fare niente, non so fare niente, non riuscirò mai a fare niente… Quindi spesso nemmeno ci proverà, vivendo un’eterna condizione di non capacità, fallimento, bassa autostima.
Questo messaggio è il tipico messaggio rivolto soprattutto al bambino che nasce del sesso “sbagliato” ossia da genitori che hanno avuto un maschio quando volevano una femmina o viceversa.
Spesso succede per un primo figlio – genitori che voglio in modo esagerato una femmina o un maschio e rimangono delusi – o ad un figlio che arriva dopo diversi fratelli dello stesso sesso: dopo tre figli maschi i genitori vogliono una femmina – o dopo tre figlie femmine i genitori vogliono un maschio.
Di fatto, il messaggio trasmesso richiama la colonna sonora di un celebre cartone animato di anni fa, che molti ricorderanno: Lady Oscar. Qui si raccontava di un eroina del ‘700, molto mascolina – sembrava veramente un maschio – che, come recitava la canzone
il buon padre voleva un maschietto ma ahime’ sei nata tu, nella culla ti han messo un fioretto lady dal fiocco blu
Ecco dunque che il bambino crescerà con una scarsa consapevolezza del suo sesso, sviluppando una difficoltà di identità che potrà manifestarsi in età adulta.
Questa ingiunzione ha la sua caratteristica nel comportamento genitoriale in cui si prestano cure, attenzioni si danno carezze ai bambini solo quando sono malati, e non gliene fanno affatto quando stanno bene.
Questo equivale a trasferire un messaggio del tipo “non stare bene, perché così avrai amore”. E’ il caso del bambino che ricerca attenzioni da genitori troppo affaccendati, che lo accudiscono solo quando si ammala.
Da adulto, questo bambini tenderà a ricercare l’attenzione, e l’amore, degli altri mettendo in atto meccanismi compassionevoli, mostrandosi debole e bisognoso di cure, e facilmente tenderà all’ipocondria.
Tutto questo può accadere anche con genitori psicotici i cui comportamenti tipici vengono presi a modello dal bambino che, bisognoso di attenzioni, tenderà a comportarsi allo stesso modo e quindi a “non essere sano di mente”.
Questo è il messaggio di quei genitori che dicono al figlio che è “difficile”, “speciale”, “timido” o “diverso dagli altri bambini”, creando così in lui difficoltà a sentirsi parte di un gruppo, a socializzare. L’ingiunzione può arrivare anche attraverso l’incapacità degli stessi genitori ad avere rapporti relazionali.
Il bambino dunque, farà suo il messaggio che per lui è difficile essere parte di qualcosa – il gruppo di amici, del lavoro, dello sport – perché lui è diverso e, da adulto, tenderà all’isolamento per timore del confronto.
In chiusura di articolo, alcune doverose precisazioni:
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