Chi ha mai vissuto un percorso personale verso una meta, di qualsiasi tipo, senza incontrare nessun ostacolo alzi la mano!
Senza voler troppo filosofeggiare, potremmo dire che è normale che nella vita ci siano ostacoli, e superarli ci aiuta a creare il nostro percorso.
Effettivamente, le difficoltà e gli intoppi che affrontiamo quotidianamente per raggiungere i nostri obiettivi sono parte integrante del percorso stesso.
Tuttavia, se questo è il dato che accomuna tutto e tutti, ciò che fa la differenza tra le persone e il modo di affrontare e superare gli ostacoli.
Esistono persone che, nel perseguire i loro obiettivi, superano le difficoltà ed affrontano gli ostacoli come se nulla fosse, non mollano mai, persone che riescono a superare le difficoltà con un semplice balzo, e sembrano non risentire, o risentire pochissimo, degli urti che subiscono lungo la strada verso le loro mete.
Le difficoltà rafforzano la mente, così come il lavoro irrobustisce il corpo.
Seneca
Esistono invece altre persone per le quali ogni piccolo ostacolo diventa una montagna insormontabile, i colpi che ricevono provocano ferite gravi e profonde, e il percorso verso il raggiungimento delle loro mete sembra diventare impossibile – o comunque molto difficile – a causa dell’inevitabile presenza di ostacoli.
Ma qual è l’elemento che fa la differenza? Quali sono le caratteristiche che permettono ad alcune persone di passare indenni nelle tempeste e ad altre di abbattersi per un semplice colpo di vento?
La resilienza è un termine che proviene dalla scienza dei materiali e definisce la proprietà che hanno alcuni materiali di non modificare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione.
In psicologia, indica la capacità delle persone di affrontare eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà.
Secondo Edith Grotberg “la resilienza corrisponde alla capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato o, addirittura, trasformato”.
La parola resilienza è associata sempre con situazioni traumatiche, momenti di stress o ansia. Dal punto di vista generale, come spiegano gli studi effettuati sino ad oggi, la resilienza è una caratteristica propria della natura umana, ma non sempre si riesce a utilizzarla e, anche se a volte si attiva, non sempre si riesce a far sì che generi situazioni positive.
Susanna Kobasa, psicologa dell’Università di Chicago, in diversi articoli, identifica tre fattori della personalità che sono riconducibili ad un alto grado di resilienza:
Per impegno possiamo intendere la capacità di lasciarsi coinvolgere nelle attività. Questa persona si dà da fare, è attiva, non è spaventata dalla fatica; non molla facilmente; è attenta e pronta, ma non vive particolari spinte ansiogene; sa considerare le difficoltà, prima di affrontare il compito o di intraprendere la strada verso il proprio obiettivo, considera le difficoltà – ricordate “a cosa siamo disposti a rinunciare”? – in modo realistico.
Per controllo s’intende la sicurezza di poter gestire in qualche modo ciò a cui si va incontro, ovvero la certezza di non essere in balia degli eventi. La persona di cui si parla, per riuscire a controllare le situazioni della vita è capace a mutare anche in modo sostanziale la strategia da adottare.
L’espressione gusto per le sfide si riferisce alla disponibilità ad accettare i cambiamenti senza subirli come disfatta. La persona con questa caratteristica vede gli aspetti positivi delle variazioni e sdrammatizza quelli negativi. Il cambiamento è vissuto più come incentivo a crescere e progredire che come problematicità da evitare a tutti i costi, e le sfide sono vissute come incoraggianti piuttosto che intimidatorie.
Impegno, controllo e gusto per le sfide sono tratti di personalità di cui si può avere consapevolezza e perciò devono essere coltivati e incoraggiati.
Ma, posto che:
la resilienza va comunque compresa come dimensione all’interno di un processo evolutivo permanente e vitale in grado di svilupparsi anche in età adulta. Cosa dobbiamo fare, dunque, per migliorare la nostra resilienza?
Lavorare su tre ambiti.
Per cominciare, partiamo dalla valorizzazione delle nostre esperienze di successo.
Le esperienze di successo (o di gestione efficace di situazioni) riguardano le esperienze personali vissute con successo mettendo in gioco le proprie capacità; i successi, di fatto, determinano una stabile fiducia nella propria efficacia personale. Quali sono i vostri? Vi siete mai soffermati a considerarli?
È incredibile come quando durante le mie attività mi capita di fare questa domanda alle persone, la maggior parte di esse mi risponda dicendomi che non ha mai avuto particolari successi.
Quando poi dedichiamo un po’ di tempo a fermare i concetti, ecco che improvvisamente i successi vengono fuori. Gli studi, le amicizie, la famiglia, il lavoro, lo sport, sono tutte attività che spesso ci hanno regalato successi che stentiamo a focalizzare.
E invece, se ampliassimo la nostra visuale, ci renderemmo conto che la nostra vita, la vita di ognuno di noi, è comunque costellata da piccoli o grandi successi, magari non negli ambiti citati sopra.
Allora perché non cominciare a fare un bell’elenco???
Seconda cosa: l’osservazione degli altri per imparare.
Mio padre mi ripeteva spesso una frase: “frequenta sempre persone migliori di te”. Con il tempo – come sempre succede con i genitori – ho capito cosa intendeva.
Nella sua semplicità cercava di trasferirmi il concetto secondo cui osservare persone che sono in grado di compiere un’azione o adempiere ad un compito con successo può aumentare la propria Autoefficacia, poiché conduce a credere alla possibilità di possedere le abilità essenziali per ripetere successi simili.
Vedere individui simili a sé che conquistano i loro obiettivi grazie all’impegno e all’azione personale, migliora in chi osserva il convincimento di avere le capacità utili per riuscire in situazioni simili.
Invece, osservare – o vivere vicino a – persone con tendenza ad uno stile attributivo pessimistico e incapaci di vivere i propri eventuali successi trascina verso il basso.
Terzo ed ultimo ambito su cui lavorare per migliorare la propria resilienza è imparare a convivere con i propri errori.
Ferma restando l’importanza di imparare dai propri errori, e di modificare la strategia, senza cambiare l’obiettivo, un automatismo essenziale che deve far parte del nostro dialogo interiore riguarda proprio imparare a convivere e superare gli errori.
Mi è capitato più volte durante la mia attività, di incontrare persone impossibilitate a progredire poiché incapaci di accettare i propri errori.
Spesso, noi siamo i giudici più feroci di noi stessi, ma questo non aiuta certo ad una serena convivenza con l’errore, che è invece parte integrante della nostra vita. In aggiunta, la paura di sbagliare ancora – quando troppo concentrati sull’errore commesso – impedirà o limiterà in modo importante i nuovi passi verso nuove mete.
Diventa dunque fondamentale:
In conclusione, non dimentichiamo che fa comodo anche a noi condividere una visione di noi stessi deboli e inermi sotto i colpi della vita.
Questo ci permette di non impegnarci a fondo, di non prenderci fino in fondo tutte le responsabilità.
E, alla fine, ci consente pure di lamentarci.
Tutti gli organismi viventi, di fronte agli stimoli ambientali, si adattano o muoiono: gli unici che contemplano una terza possibilità̀, quella di autocommiserarsi, sono gli esseri umani…
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