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Come alleggerire la mente

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Possiamo tranquillamente affermare che il numero di attività svolte non è indice di produttività. In realtà, siamo produttivi quando riusciamo a portare a termine tutte le attività che ci siamo proposti, nel tempo dato, ma soprattutto con efficacia ed efficienza (24).

un manager soddisfatto di fianco la pubblicazione del dottor marco rotella "manuale di sopravvivenza manageriale"

Questo naturalmente richiede grande disciplina e organizzazione. E soprattutto pianificazione.

Partiamo dalla semplice considerazione, già fatta in precedenza, che la nostra attività quotidiana è costantemente soggetta a un enorme quantità di stimoli. Per gestire questo flusso costante, è necessario mettere in atto alcune procedure operative assolutamente imprescindibili:

• mettere insieme tutto il materiale;

• analizzarlo con attenzione;

• organizzare i risultati;

• pianificare ciò che si deve fare;

• agire.

Sono sicuro che nessuna di queste fasi sia estranea al lavoro svolto dalla maggior parte delle persone. Quello che però capita spesso è che o queste fasi non sono svolte nella giusta sequenza, ovvero manca qualcuno dei passaggi.

Cominciamo dal principio: mettere insieme tutto il materiale.

In questo momento, mentre leggete, avete in mente una serie di cicli aperti. L’espressione ‘ciclo aperto’ si riferisce a un’attività o lavoro che avete in mente, o che avete cominciato, ma non avete ancora portato a termine. Quante sono queste cose che avete in mente? Provate a ipotizzare un numero: 5, 20, 30? Probabilmente molte di più: portare l’auto a fare il tagliando, comprare il regalo di compleanno a mio figlio, telefonare a quella persona, inviare quella mail, completare quel rapporto, incontrare quella persona, far partire quel progetto, etc.

Probabilmente le cose che avete in mente sono qualche centinaio, da quelle piccole a quelle più importanti e complesse.

Sino a quando non le avremo portate a termine, la nostra mente continuerà a ricordarcele nei momenti più disparati, e soprattutto quando non potremo operare, come abbiamo visto prima. Potremmo pensare che tenere qualcosa a mente in sé rappresenti uno sforzo minimo e irrilevante. Tuttavia a lungo andare queste piccole cose diventano pesi molto fastidiosi.

Per comprendere la situazione, provate a fare questo esperimento: riempite un bicchiere d’acqua, prendetelo in mano e allungando il braccio, tenetelo dritto davanti a voi. Difficile? Sicuramente no, almeno per il primo minuto.

Già il secondo minuto avrete l’impressione che il bicchiere sia molto, ma molto più pesante. Dopo qualche minuto, il peso del bicchiere, di quel piccolo bicchier d’acqua così insignificante, diventerà insostenibile. Con i cicli aperti il meccanismo è identico. Una cosa da tenere a mente non è di per sè fonte di stress, ma lo diventa nel momento in cui risiede per lungo tempo nella nostra testa. Quindi, un passo particolarmente importante è creare una lista contenente tutte le cose che abbiamo da fare in questo momento, cominciare ad alleggerire la mente.

Tuttavia, è importante precisare che tale lista ci servirà solo all’inizio di questo nostro lavoro. Quanto prima infatti tutto ciò che è stato annotato all’interno di questa lista, che rappresenta di fatto l’elenco di tutti i nostri cicli aperti, troverà un suo sviluppo operativo. Semplificando, possiamo dire che questa lista è un punto di partenza, anzi è la base di preparazione di ciò che più avanti chiameremo momento zero. In questa fase, oltre all’elenco di ciò che abbiamo in sospeso, dovremo raccogliere tutte le carte, la documentazione, il materiale depositato in giro nel nostro spazio di lavoro – scrivania, libreria, scaffale – attinente alle attività presenti nella lista e metterlo materialmente davanti a noi.

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Proviamo adesso a immaginare quella lista:

  • Inviare mail di riepilogo per progetto ABC;
  • telefonare a nuovo contatto;
  • pubblicare un libro;
  • aggiornamento software ufficio;
  • definire nuovi corsi cliente XYX;
  • imparare il nuovo programma webinar;
  • chiamare idraulico;

Questa lista naturalmente non è esaustiva, ma non è questo il punto che ci interessa.

Ora immaginiamoci nel momento zero della nostra attività di pianificazione e organizzazione. Siamo seduti alla nostra scrivania e abbiamo provveduto a stilare la lista di tutte le cose in sospeso che abbiamo. Abbiamo inoltre davanti a noi la pila di carte e i materiali che abbiamo raccolto in giro, connesse alla lista di impegni appena creata.

Per procedere, entriamo nella seconda fase del nostro lavoro: analizzare con attenzione quanto abbiamo raccolto, valutare in modo dettagliato tutto il materiale che sino a questo momento hanno prodotto le attività che abbiamo in sospeso. In altre parole, questa fase consisterà nel decidere cosa tenere e cosa buttare!

Sì, cosa buttare, perché certamente tra le carte che conserviamo da tempo, troveremo roba che non abbiamo buttato via “perché magari mi servirà in futuro”, ma che in realtà non guarderemo mai. Allora conviene buttarla via. Come si fa a decidere cosa conservare e cosa buttare via? Personalmente consiglio un criterio molto semplice: se un documento che abbiamo davanti non ha alcun legame con nessuno degli elementi presenti nella lista di cicli aperti, allora con ogni probabilità andrà buttato via. Altrimenti lo teniamo.

Fatto questo, passeremo alla terza fase “organizzare i risultati”.

Stavamo decidendo quali documenti tenere e quali buttare e questo vorrà dire che dovremo focalizzare la nostra attenzione su una ripartizione che nella nostra procedura assume un’importanza centrale. Nella lista da noi compilata, infatti, possiamo individuare, tra le altre, due categorie ben precise: le azioni e i progetti.

Delle prime, fanno parte tutte quelle attività che, per poter essere svolte, non richiedono il sussistere di operazioni precedenti preventive, e che contestualmente giungeranno a compimento nel momento stesso in cui avremo dato loro esecuzione: inviare una mail di riepilogo per progetto ABC, telefonare a un nuovo contatto, chiamare l’idraulico, riordinare la scrivania, etc.

Dei progetti, invece, fanno parte tutte quelle attività che non si esauriscono in un’azione singola ma, per essere portate a termine, richiedono un certo numero di azioni e di passaggi procedurali strettamente inter connessi: vacanze studio per i figli, pubblicare un libro, aggiornamento software ufficio, e così via. Facciamo un esempio.

Le vacanze studio per i figli richiederanno:

• individuazione location;

• ricerca su internet scuole referenziate;

• stampare materiale di riferimento;

• discuterne con i figli;

• definire periodo;

• contattare scuole prescelte per valutare opzioni;

• valutare offerte didattiche e preventivi;

• valutare opzioni sistemazione – albergo o college;

• scegliere scuola;

• stampa modulistica;

• compilazione e invio documenti;

• pagamento quota;

• ricerca volo;

• acquisto biglietto.

Ognuno di questi passaggi costituisce un’azione in sé e, a parte la prima che dà il via al progetto, le altre hanno quasi tutte una progressione concatenata: se individuo la location, non posso ricercare la scuola su internet, e se non cerco la scuola su internet, non posso stampare il materiale di riferimento, e quindi non posso discuterne con i figli e definire il periodo di riferimento, e così via.

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Vale la pena di aggiungere che potrebbe essere utile distinguere i progetti anche dal punto di vista della variabile tempo. Ci saranno, infatti, progetti che dovranno essere chiusi nell’arco della settimana in corso, altri la cui chiusura è prevista a un mese, a sei mesi, a un anno e così via. Pertanto, essendo un progetto strutturato come una sequenza di azioni interconnesse, ogni progetto contiene in sé, oltre alla scadenza finale, anche alcune scadenze intermedie, collegate all’esecuzione delle singole azioni, o di gruppi di esse, di cui si compone.

All’interno di ciascun progetto, pertanto, sarà opportuno prevedere un timing delle revisioni intermedie che con sentano una verifica dello “stato dell’arte” prima di passare a uno step successivo. Tornando all’esempio della vacanza studio per i figli, dopo la fase definire il periodo, il progetto avrà una sua scadenza e ognuna delle fasi, per poter arrivare a chiusura del progetto nel tempo previsto, avrà una sua scadenza. Naturalmente, ognuna delle scadenze previste per le singole azioni, dovrà essere gestita come vedremo qui di seguito.

E’ ora di passare alla quarta fase, quella della pianificazione.

Cominciamo con le azioni. Queste dovranno trovare il loro posto specifico in un’agenda – cartacea o elettronica – con la precisa indicazione della data e dell’ora in cui pensiamo di fare quella certa cosa e, aspetto fondamentale, della durata prevista di quell’attività. Vorrei sottolineare che ho parlato di un’agenda e non di una semplice lista di cose da fare per un motivo molto semplice. Il limite principale della cosiddetta to do list è che, non essendo prevista la durata delle singole attività, potremmo correre il rischio di fissare in una giornata una lista di cose da fare che in sé occuperebbero probabilmente venti ore. Questo è il motivo principale per cui spesso le liste delle cose da fare rimangono, in parte, inevase. Quindi: agenda e non lista di cose.

Da quanto appena accennato è chiaro che, per evitare di inserire in una giornata dell’agenda una sovrabbondanza di cose, sarà utile e importante riuscire a definire il tempo giusto da dedicare alle singole attività, non dimenticando che la nostra mente non ci aiuta nella percezione del tempo.

Infatti, la maggior parte di persone che commette degli errori nella pianificazione delle proprie giornate non è in grado di assegnare il giusto budget di tempo alle attività da svolgere, trovandosi così spesso in difficoltà (26).

Recentemente il quotidiano “la Repubblica” (27), riprendendo un articolo del “The Wall Street Journal”, ha pubblicato una sintesi di tutte le ricerche scientifiche condotte nell’ambito del rapporto tra individui e gestione del proprio tempo.

L’articolo divide la specie umana in individui del tipo A – precisi, puntuali, competitivi – e individui del tipo B, cioè i ritardatari. Il tipo B, secondo i ricercatori, ha addirittura un orologio mentale diverso, le cui lancette si muovono più lentamente. Il tipo A organizza la sua vita come se un minuto durasse 58 secondi, per il tipo B invece il minuto dura ben 77 secondi.

L’articolo prosegue spiegando che, tra le altre cose, il tipo B evidenzia una carenza previsionale che induce in errore proprio nella pianificazione e nell’organizzazione delle attività.

Grande attenzione dunque va data alla definizione della durata delle attività da inserire in agenda. Prima di andare avanti, però, condividiamo un altro importante accorgimento.

Come tutti sappiamo, nella vita esistono gli imprevisti: pertanto, un’agenda troppo piena di attività sarà facilmente soggetta a sconvolgimenti.

Sarà bene allora, seppure non facile, predisporre alcuni spazi-cuscinetto, ogni giorno, che ci permettano di gestire eventuali imprevisti.

Consideriamo inoltre che l’agenda, per essere veramente utile, dev’essere considerata sacra. L’agenda non è un posto dove prendere appunti, segnare i numeri di telefono a casaccio, fare disegni per idee brillanti.

In un’agenda vanno segnate solo:

• le azioni di cui abbiamo ora e data specifica;

• informazioni utili in un giorno specifico;

• nient’altro. (28)

Passiamo ora alla seconda grande categoria: i progetti.

Per i progetti identificati sarà necessario definire dei contenitori, ovvero alcuni strumenti di raccolta dei materiali a nostra disposizione. Abbiamo detto in precedenza che un progetto è composto di una pluralità di azioni e che, naturalmente, avrà una certa durata nel tempo.

Di quali strumenti parliamo? Dei più vari: bloc notes, quaderni, cartelline, registratori audio, supporti multimediali quali tablet, pc, smartphone.

A mio avviso, oggi il contenitore più funzionale è un pc sincronizzato con il nostro smartphone.

(24)Questi due termini sono spesso usati a sproposito. Può essere dunque utile un po’ di chiarezza: l’efficienza è il rapporto tra i risultati che si ottengono dal proprio lavoro e le risorse investite per il raggiungimento di quei risultati. L’efficacia è il rapporto tra i risultati che si ottengono dal proprio lavoro e gli obiettivi che sono stati definiti. In formule, efficienza=risultati/risorse investite; efficacia=risultati/obiettivo. In entrambi i casi, quando il risultato è superiore a 1 siamo in zona positiva.

Es.: se ho raggiunto un fatturato di € 100.000,00 e l’obiettivo iniziale era di 90.000,00, 100.000,00/90.000,00=1,111. Quest’azione è stata efficace. Ancora, se a fronte dello stesso risultato ho investito risorse per € 110.000,00, 100.000,00/110.000,00=0,9090 posso costatare che la stessa azione, pur essendo stata efficace, è stata inefficiente.

(26) Assegnare un budget di tempo a un’attività vuol dire definire la sua durata. Molto spesso le persone sbagliano questo compito che sembra elementare.

(27) Federico Rampini, Tempo, “la Repubblica” 05/02/2015, consultabile anche all’indirizzo http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/02/05/tempo33.html?ref=search

(28) Per coloro che non si sono ancora arresi alle agende digitali presenti in tutti gli smartphone, segnalo che, per evitare scarabocchi spesso incomprensibili, frecce di congiunzione e messaggi indecifrabili per spostamenti e cancellature, sarebbe utile scrivere con una matita per modificare le cose in modo facile. L’agenda non è mai una struttura immutabile.

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